sabato 10 marzo 2012

4° Capitolo: Incontro

4° CAPITOLO
INCONTRO
   Il tragitto dall'ospedale a casa era stato abbastanza tranquillo, quegli strani individui si erano volatilizzati e io avevo chiamato un taxi per farmi portare nella mia abitazione. Non ce la facevo proprio a farmela a piedi, non ero ancora del tutto in piena forma, inoltre non avevo nessuna intenzione di ritornare in ospedale per essere di nuovo rintracciata. Di sicuro non avevano idea di dove abitassi, al massimo potevano andare a chiedere informazioni al locale, ma anche li non avrebbero ottenuto granchè. Infatti per la nostra sicurezza il capo ci proibiva ad ognuna di noi di rivelare dove abitassimo, non si sa mai qualche pazzo ubriaco gli venisse in mente di presentarsi sotto casa.
   Fui costretta a spiegare al taxista che avevo dimenticato la borsetta a casa insieme al portafoglio, per cui, una volta arrivati, avrebbe dovuto aspettare un attimo prima di poterlo pagare. Nel taxi mi ricordai di non avere le chiavi di casa, ma trovai subito una soluzione, la mia vicina ne possedeva una copia, per ogni evenienza, avrei chiesto a lei.
   Davanti al mio palazzo scesi dal taxi, al portone trovai proprio la persona che cercavo la mia vicina Rose, una brava madre di famiglia forse un po' troppo pettegola, ma infondo mi fidavo ciecamente di lei. Rose era intenta a spazzare l'atrio dalle foglie secche dell'autunno entrate per colpa del vento. Appena mi vide, mi salutò educatamente e io le chiesi il favore «Ciao Rose, scusami l'interruzione ma ho perso accidentalmente le chiavi di casa, mi sa che sarò costretta a cambiare serratura. Potresti andarmi a prendere la copia che ti avevo dato tempo fa?» Con un'aria un po' meravigliata mi rispose «Naturalmente Miki, era stata fatta proprio per queste evenienze te la vado a prendere immediatamente.»
   Detto ciò la donna poggiò la scopa contro la parete della hall e andò a prendere le chiavi, il suo appartamento si trovava a pianterreno per cui non avrebbe dovuto fare molta strada. Ritornò poco dopo con le chiavi in mano. «Eccole qua Miki.» «Grazie infinite Rose, come al solito sei la soluzione ad ogni mio problema.» Gli rivolsi un sorriso di ringraziamento e lei fece altrettanto con me. Andai di corsa su per le scale al secondo piano e con le chiavi in mano aprì la porta del mio monolocale, l'ambiente era piccolo ma essenziale: un salotto, una cucina, la mia stanza da letto e il bagno, niente di più niente di meno. Ma non avevo tempo di fare altro se non prendere i soldi dal comodino della stanza da letto ed andare velocemente a pagare il taxista, che ancora aspettava giù.
   Una volta tornata in casa decisi di farmi un bel bagno caldo ristoratore, in modo da cambiarmi anche quei vestiti indossati per poterli buttare via. Apriì il rubinetto dell'acqua e aspettai che la vasca si riempisse, il vapore iniziò ad irradiarsi per tutta la piccola area del bagno. Riflettei sugli ultimi avvenimenti: sono scappata come una ladra dall'ospedale perché degli strani uomini mi stavano cercando, sicuramente anche il personale e i dottori ora si saranno accorti della mia assenza. Inoltre non ho fatto ancora in tempo ad avvertire a lavoro del mio incidente, forse è meglio chiamarli subito. Mentre l'acqua continuava a sgorgare, andai in salotto a prendere il cordless. Il numero del locale era registrato in memoria, pochi click e fu composto automaticamente, dall'altra parte la cornetta squillò 1, 2, 3 volte fin quando non fu attivata la segreteria telefonica, che mi invitava a lasciare un messaggio.
   Era strano di solito c'era sempre qualcuno davanti al telefono, invece ora non rispondeva nessuno, poco importava avrei riprovato più tardi. Dopo essermi fatta il bagno ed essermi vestita di sana pianta, decisi di riprovare a chiamare, ma anche in questo caso nessuna risposta dall'altra parte. Lasciai quindi un messaggio:
  • Ciao Ralf, a quest'ora il capo non c'è ma tu ci dovresti essere. Volevo solo dirvi che ho avuto un incidente con l'auto, per questo non mi sono fatta viva in questi giorni. Ma non vi preoccupate ora sto bene. Volevo prendermi qualche giorno libero. Purtroppo la mia auto è andata distrutta nell'incidente, comunque passo più tardi per vedere se è tutto apposto. A dopo ciao.

   Più tardi se non avessi avuto loro notizie, avrei chiamato un taxi per farmi accompagnare al club, visto che la mia auto ormai era andata fuori uso. Avrei dovuto prenderne un'altra prima o poi, magari di seconda mano, considerando le mie finanze sarebbe stato un bel guaio affrontare una tale spesa. Cercando di scacciare i pensieri negativi andai a letto, avevo bisogno di un po' di riposo dopotutto ero quasi morta!


   Le fiamme si districavano incessantemente nel cielo della sera, scoppiettavano scintille e l'aria tutto intorno era secca da far schifo. Io rimasi a bocca aperta davanti a quella scena, incredula su cosa stessi osservando. Il locale, dove avevo lavorato negli ultimi 2 anni, ora stava andando letteralmente arrosto, tutto intorno era un ammasso di luci pulsanti di mezzi dei vigili del fuoco e della polizia. La zona stava per essere recintata dalla linea gialla, mentre i pompieri continuavano inesorabili a cercare di domare quelle fiamme. Sperai con tutta me stessa che i miei colleghi di lavoro si fossero messi in salvo, prima di quell'uragano di fuoco. Con il viso sconvolto continuai ad avanzare, senza far caso alle urla della gente li presente, o dei polizziotti che cercavano di far allontanare quanto più possibile i curiosi. Il mio cammino fu interotto da una guardia che gentilmente mi disse «Lei non può stare qui, deve andarsene». Ma io non riuscivo né a vederlo, né a sentirlo per quanto fossi provata dalla situazione, con gli occhi fissi nel vuoto riusciì solamente a dire «Io ci lavoravo qui!». Il polizziotto ora un po' seccato dalla situazione proseguì dicendomi «Signora non so chi lei sia, ma deve andarsene. Non si può avvicinare ulteriormente è pericoloso, non so se se ne rende conto».
   In quel preciso istante dietro la guardia che mi intimava di andarmene, si presentò un altro uomo, molto alto e di colore. L'uomo indossava un soprabito grigio e in mano aveva un taccuino e una penna, utili forse per annotarsi informazioni. Si rivolse al mio interlocutore e gli disse «Non ti preoccupare Paul, mi occupo io della signorina» ora rivolgendosi a me continuò «Ho sentito che diceva al mio collega che lei lavorava qui, le dispiace se le faccio qualche domanda? Sembra essere un incendio doloso, quindi dobbiamo scoprire quante più informazioni possibili.»
   Senza riuscire ad emmettere parola, accenai semplicemente un si con il capo. «Forse è il caso di allontanarci per un po' da questa scena, i pompieri ci impiegheranno parecchio a domare le fiamme. Inoltre la vedo molto sconvolta, su venga con me». Mi portò dentro una delle autovetture della polizia che erano li parcheggiate e mi offrì del caffè che si trovava appoggiato sul cruscotto, ma io rifiutai. «Allora ancora non le ho chiesto con chi ho il piacere di parlare» il detective poteva avere all'incirca una cinquantina di anni, portava una folta barba, e qualche capello bianco spuntava già dalla chioma nera. Cercai di recuperare la mia sanità mentale e risposi «Mi chiamo Mikaela e si lavoravo in quel locale da circa due anni, ero una delle cameriere. Nei giorni passati sono stata ricoverata in ospedale, a causa di un incidente con l'auto, per cui non mi sono presentata a lavoro. Oggi al telefono non rispondeva nessuno, cosi ho deciso di prendere un taxi e venire di persona. Mi dica che i miei colleghi stanno tutti bene la prego...» Sentendo quelle parole il suo viso divenne cupo e io cercai di prepararmi al peggio «Mi dispiace signorina Mikaela, ma a quanto pare sembra siano stati ritrovati alcuni cadaveri, non sappiamo ancora di chi si tratti visto lo stato in cui sono ridotti i corpi, non le so dire altro per il momento.»
   Il mio cuore si frantumò, ma non volevo ancora crederci «Ha detto che è stato un incendio doloso, da cosa l'avete scoperto e poi chi avrebbe avuto intenzioni di bruciare il locale?» Il detective abituato a certe situazioni rispose tranquillo «Signorina non si scaldi, c'erano tracce di benzina per cui è chiaro che è stato un incendio doloso. Non so chi sia stato e sono appunto qui per scoprirlo, visto i conti in rosso del locale un regolamento di conti, una vendetta? E' lei che dovrebbe chiarirmi le idee sulla situazione, cosa sa?»
   Conti in rosso, regolamento, vendetta tutto mi appariva cosi strano. Il locale non era mai stato un luogo pericoloso, al massimo ogni tanto qualcuno da cacciare fuori perchè un po' brillo, ma mai niente di più. Inoltre non avevo nessuna idea che le cose economicamente stessero andando male «Ho sempre creduto che il locale andasse bene, il mio capo è amato da tutti, non credo ci fossero persone che volessero vendicarsi o fargli un torto. O almeno no a questi livelli»
   «D'accordo signorina, per il momento la lascio andare, le do il mio bigliettino da visita, se le viene in mente qualche altra cosa di rilevante mi chiami pure a qualsiasi orario.» Acconsentii con un cenno della testa e scesi da quell'auto. Mi guardai un'ultima volta indietro verso quelle fiamme e me ne andai per sempre da quel luogo, che aveva rappresentato per me due anni della mia vita.
   Con le lacrime agli occhi mi avviai decisa verso casa, ero troppo sconvolta per chiamare nuovamente un taxi, preferii schiarirmi le idee e fare due passi a piedi. Si le mie condizioni fisiche non erano ancora al massimo, ma gli ultimi avvenimenti mi avevano donato una forza che non sapevo di avere. Cosi mi incamminai lasciando tutto quel caos di luci e sirene, ormai era sera inoltrata e poche persone percorrevano quelle strade, di giorno sempre molto affollate. Il freddo, malgrado il sole avesse lasciato il posto alla luna dal un bel pò, non era poi cosi pungente, anzi era abbastanza piacevole passeggiare. Ogni tanto una macchina passava velocemente senza neanche notarmi. Sopra pensiero non mi accorsi di un'ombra dietro di me.
   Ad ogni mio passo, l'ombra sembrava farsi sempre più vicina, io facevo un passo l'ombra ne faceva due. Decisi di affrettarmi, non si sa mai che gente girava da quelle parti. Mi sentivo spiata, quasi pedinata, o forse era solo la mia immaginazione che iniziava a farmi strani scherzi? E ultimamente la mia mente mi aveva giocato parecchi strani scherzi. All'improvviso però non sentii più nessun rumore, mi fermai di scatto, girandomi indietro.
   Il vuoto totale, la strada appariva completamente vuota, eppure fino a poco fa ci doveva essere per forza qualcuno. Ecco stavo impazzendo, ormai era quasi un dato di fatto. Quando ero ormai convinta della mia affermazione, venni spinta giù a terra da uno strano individuo. La situazione precipitò e una serie di eventi si susseguirono. Inanzittutto, mentre lo strano tizio mi buttava giù, una folata di fuoco venne nella mia direzione e mi sfiorò solamente in parte i capelli, facendomeli abbrustolire.
   Un tanfo di bruciato riempì l'aria intorno a me. Con la velocità con cui mi aveva atterato, l'uomo si rialzò: l'aspetto era combattivo, ma non avevo idea di cosa dov'esse affrontare. Senza perdere la concentrazione si rivolse a me dicendo «E' meglio se stai in disparte, abbiamo a che fare con un Golachab. E' un tipo tosto, malgrado il nome alquanto orribile. Ah un'altra cosa attenta al fuoco»
   
   Non avevo idea a cosa si riferisse, ma per sicurezza mi tenni ugualmente a distanza. L'ombra riapparve e sotto la luce di un lampione, potei finalmente intravedere le sue sembianze. Il mio viso si bloccò in un'espressione di stupore: esteticamente sembrava un uomo, ma gli occhi brillavano di un rosso intenso, e quella non era l'unica cosa strana. Due piccole corna si ergevano dalla fronte, tutto il viso sembrava contratto in un'espressione di odio e cattiveria allo stato puro. Digrignando i denti, si rivolse al mio protettore, dicendogli «Ancora tu? Sempre ad ostacolare i nostri piani, quando capirai che non hai speranze contro di noi» Appena finì di parlare dalla bocca fuoriuscì una lunga lingua di fuoco, proprio come i mangiatori di fuoco, solo che non era stato utilizzato nessun trucco da circo per produrla.
   La fiammata fu cosi veloce a percorrere lo spazio, che lo frapponeva allo strano individuo, che per un momento chiusi gli occhi convinta di vedere un uomo in fiamme. Invece quando li riaprii l'uomo era in perfetta salute, pronto per contracambiare all'attacco. Subito, una lama apparentemente d'argento si conficcò nel petto del nostro assalitore dagli occhi rosso rubino. Questo cadde immediatamente a terra privo di vita, mentre un fumo nero uscì dalla sua bocca e si disperse nell'aria.
   Ero meravigliata da quella visione. Si ero quasi arrivata sul punto di morire, avevo visto il mio locale andare in fiamme, i miei colleghi di lavoro forse morti, ma questo era fuori da ogni logica umana. Tutto il resto sembrava quasi routine, ma quello a cui avevo appena assistito no. Ero ancora adagiata sull'asfalto, quando vidii una mano offerta per rialzarmi «Scusami se sono stato brusco, ma dovevo intervenire, non potevo lasciarti a quel demone» L'ultima parola mi risuonò nella mente «Un demone? No non mi dire che anche tu sei un qualche pazzo, scappato dal manicomio. Ne ho già viste troppe negli ultimi giorni, ma questa le batte tutte!» «Tua madre non ti ha messo a conoscenza del tuo destino?»
   Il riferimento a mia madre mi fece infuriare. L'uomo che si era permesso di nominarla appariva alto, molto alto rispetto a me, dalle sembianze atletiche ed energiche. Gli occhi di un nero intenso, come la chioma lunga che lo sovrastava. Un lungo soprabito di pelle lo avvolgeva nel suo corpo proprio niente male. Beh almeno non ero importunata da gente bassa e grassottella, una mala cosolazione.
   «Visto che non rispondi, suppongo di no. Comunque esatto un demone! E non uno qualunque, come un semplice demone incubo, fastidiosi folletti che si divertono a infastidire gli esseri umani. No, questo era un demone di alto livello, un Golachab, chiamati anche gli incendiari. Spiriti della collera dominati da Amodeo. La loro particolarità come hai potuto notare e la capacità di generare fiamme a loro piacimento. Sempre pronti a fare un barbecue, peccato che stavolta gli ho sottratto la carne da mettere sul fuoco!» «Ti stai forse riferendo a me? Perchè mai doveva avercela con me, forse è più probabile che volesse colpire un tipo strambo come te!»
   L'uomo con un sorriso sulla bocca e un'aria divertita disse «In ogni modo è meglio allontanarci da qui, prima che ne venga qualcunaltro a finire il lavoro, che non è riuscito a finire il primo. Da me o da te?»
Non avevo nessuna intenzione di far venire a casa mia un uomo che conoscevo da appena due minuti, ma l'idea di avventurarmi con lui in un qualsiasi luogo mi metteva paura. Mentre ero ancora dubbiosa sul da farsi, l'uomo di cui ancora non conoscevo neanche il nome, mi si avvicinò con una lama in mano. «Che intenzioni hai? Prima mi hai salvato, ora non puoi farmi del male, non ti ho fatto niente» in preda al panico non riuscii ad emettere neanche una sillaba, malgrado la mia voglia di urlare e strillare con tutta me stessa.
   Chiusi nuovamente gli occhi per la paura, in attesa dell'inevitabile. Ma non successe ciò che avevo immaginato, stranamente il coltello si indirizzo verso la manica della mia giacca e ne stracciò il bordo. Poi l'uomo con le mani allargo lo strappo e mi controllò il braccio. Era proprio il punto dove mi ero accorta la mattina all'ospedale, di avere quella strana voglia mai avuta prima, non ci avevo più pensato considerandola solo frutto dell'incidente. «Come immaginavo, sei stata marchiata, ecco perchè ora sono sulle tue tracce!» Con un tono aggressivo risposi «Volevi farmi crepare di infarto? Ti riferisci a questa strana cicatrice, è solamente il frutto di un incidente che ho avuto solo qualche giorno fa. Tra l'altro ero quasi morta, ultimamente mi capita spesso di “quasi morire” a quanto pare! Ma tu come facevi a sapere della mia cicatrice?» L'uomo dagli occhi nero corvino mi rispose «Lo sapevo, come so tante altre cose. Vabbè ho capito andiamo da me, li saremo al sicuro e potremo parlare quanto vuoi.» Ormai rassegnata chiesi solamente «Ok ma prima che venga a casa tua, dimmi almeno il tuo nome» Educatamente stavolta rispose soddisfando la mia curiosità «Il mio nome è Victor.»
   E cosi ci allontanammo da quella desolata strada, lasciando il corpo dell'uomo che ci aveva assalito li vicino al lampione. Lo guardai per un ultimo istante e notai nel volto gli occhi ora tornati di un colore normale e anche le corna del tutto scamparse.
   Cosi con in mente un mare di dubbi, raggiunsi Victor e insieme abbandonammo quell'ambiente.

di Angela Visalli

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