di Mauro Sighicelli
Ebbi
l’arguzia di comprendere che si era creata una situazione
d’imbarazzo nei miei confronti, tale da cercare di provocarmi.
Intuii che i presenti nel bar, con i loro perversi silenzi,
sembravano quasi tutti d’accordo nel cercare di sfidarmi, di
interrogarmi, per ottenere un favorevole giudizio, quasi dovessi
giustificarmi nei loro confronti.
Ines
si strinse nello scialle che la avvolgeva, e, senza degnare il
sindaco di uno sguardo, cercò di guadagnare l’uscita della porta
del bar, quasi a volersi sottrarre a qualsiasi congettura.
“Si
fermi!” Intimai, e feci quasi il gesto di trattenerla.
“Se
sa qualcosa su questo losco decesso, lo riveli ora, davanti a tutti,
e cerchiamo di far luce su questa poco chiara vicenda!”.
La
sgualdrina sorrise, poco convinta, e gracchiò il suo livore:
“Fermarmi? Povera cretina, cerchi di far luce proprio ora che
dovresti avvolgerti nella tua ombra! Ma non hai ancora capito che sei
tu la prescelta, e che tutti, e dico tutti, ti reclamano? Guarda
questi sguardi, scruta questi volti, e leggi nei loro occhi la
risposta alle tue domande! Non si sfugge al proprio destino!” Si
divincolò dalla mia presa poco convinta, e scomparve senza una
risposta.
Ero
allibita, ma ritenni almeno di aver guadagnato la comprensione degli
avventori del bar. Li scrutai ad uno ad uno: sembravano attori che
recitavano una parte, di cui però ero io la protagonista
inconsapevole.
Preferii
tacere, per non rompere l’incantesimo di quegli istanti, e, solo
allora, il sindaco prese coraggio e si rivolse a me con evidente
imbarazzo: “La signora Ines è stata, per lungo tempo, l’unica
donna frequentatrice di questo bar. Agli occhi delle mogli degli
avventori è parsa, talvolta, una sorta di meretrice, e, per questo,
le sue parole sono spesso condite da livore e disprezzo. La prego di
ignorarla, di perdonarla, e di non farsi strane congetture. Al
capezzale del povero Federico Marino c’è stata solo lei, in fondo,
per alleviare le sue pene…”
“E
chi altri avrebbe osato proporsi?” Esplose Lorenzo, sollevando gli
occhi dal tavolo sgombro, in un gesto di sfida verso i
commensali.”Federico non era più lui, o, meglio, non so neanche
cosa fosse, quando è morto. Nessuno ha avuto il coraggio di
assisterlo, e forse Ines è stata l’unica in grado di non
intimorirsi davanti alla gravità della sua trasformazione… cioè,
della sua malattia, che lo ha trasformato in un non vivo.”
“Cos’è
un non vivo?” Chiesi, ma colsi, nel frattempo, un brusio che si
stava sollevando all’interno del bar. Convenni di essere l’unica
signorina presente all’interno del locale, ed ebbi la sensazione di
essere scrutata da sguardi libidinosi, neanche fossi stata nuda,
vittima di un tentativo di stupro di gruppo.
Fu
un sesto senso a portarmi velocemente fuori dal bar, nel disperato
tentativo di riuscire a raggiungere Ines, quasi a volermi confrontare
con lei su quanto potente fosse il peso di essere vittima del
giudizio di quei nefasti personaggi! Il sindaco l’aveva velatamente
accusata di essere una prostituta, quando invece proprio lui aveva
l’atteggiamento di esserne un potenziale fruitore!
Dovevo
avere delle risposte, prima di fuggire da Tiepole, e la cercai nelle
strette viuzze del paese. Ma la sensazione di non essere sola non mi
abbandonava, in quella notte rivelatrice, ed ebbi come il sospetto
che qualcuno mi stesse seguendo: non so perché, ma lo associai al
povero Federico Marino, e mi sorse spontaneo un interrogativo: era
davvero morto dopo una lunga malattia?
O,
piuttosto, il suo era stato un suicidio, impaurito da quello in cui
si stava per tramutare, incapace di fronteggiare il potere che
qualcuno gli stava trasmettendo, troppo grande anche per lui?
Ma
potevo intimorirmi per un non vivo, neanche fossi una adolescente
scoperta sul posto delle fragole, solo perché la notte incombeva e
mi ero sentita ferita nella mia intimità da un gruppo di perversi
avventori, in uno squallido bar di Tiepole?
Assorta
nelle mie elucubrazioni, faticai a percepire il bisbiglio, e me ne
accorsi solo quando udii il mio nome: “Emma Onofri, vieni qui,
senza girarti indietro: per favore!”
Mi
voltai: il gracchiare di Ines era inconfondibile. “Ascoltami,
ragazza: sei sciocca se non mi darai ascolto! Il povero Marino è
morto, è vero, ma quella megera di Marta Vasselli è riuscita a
tramutarlo in un non vivo, ed ora la sua essenza gravita intorno a
noi, con le nuove doti che ha acquisito.”
Mi
avvicinai a quella donna avvolta nel suo scialle, ed il suo bisbiglio
sembrava il delirio di una posseduta. “E’ vero che lei ha
vegliato sul suo letto di morte? E’ stata l’unica anima
caritatevole, in questo calvario!” La guardai da donna a donna:
mentre tutto il paese mormorava, Ines si era sobbarcata un peso
enorme.
“Taci,
scellerata! Non hai proprio idea di come io stia ancora pagando
l’aver assistito alla mutazione di Marino! E l’aver assaggiato la
sua mutazione, non mi rende felice, perché sono screditata agli
occhi di Tiepole!”
Non
capivo, e non riuscivo a seguire il nesso delle sue farneticazioni.
Cercai di tranquillizzarla con la mia presenza, e, con un gesto di
conforto, astutamente le chiesi: “Come è morto Francesco Marino?”
“Si
è suicidato!” Bisbigliò lei: “Si è dato fuoco, cosparso di
benzina, incapace di amministrare la sua mutazione!”
“E
in cosa si era trasformato? Cosa c’entra mia nonna in tutto
questo?”
“Si
era trasformato in un essere stupendo… ma, al tempo stesso
diabolico! Ma io l’ho visto, ho potuto assaggiarlo, ed ora tutto il
paese mi marchia di un timbro che non mi appartiene; sono considerata
alla stregua di una volgare prostituta!”
“In
cosa si era trasformato?” Chiesi, con malcelata insistenza, sia
perché avvertivo una presenza incombente su noi due, sia perché mi
sembrava che Ines stesse per rivelarmi una verità nascosta.
“Assumeva
sempre più l’aspetto di una stupenda creatura, ma, durante la
lenta agonia, si stava trasformando in un essere con due organi
genitali maschili, di cui uno più prominente dell’altro: un
demonio!”
Arretrai,
turbata: “Non ci credo! Ines, tu sei pazza! Vuoi farmi credere che
si sia tramutato in un essere in grado di soddisfare due donne,
contemporaneamente?”
Ines
sorrise, beffarda. Sputò al suolo, poi esplose gracchiando: “Perché
no? Oppure, più semplicemente, come è successo a me, poteva
portarmi al supremo piacere con due membri, contemporaneamente, e tu
non puoi neanche immaginare lontanamente di cosa possa essere capace
un non vivo dotato di simili doti!”
Gli
occhi di Ines brillavano di luce propria, ma sembrava il volto di una
pazza, mentre si accalorava nella sua invenzione. “Si è
allontanato tra le fiamme… ma può non essere morto… oppure, se
non è sopravvissuto, può essersi trasformato in un non vivo. Ed è
per questo che lo vado ricercando, negli angoli più desolati della
città, lontano dalle coppie normali, dove solo il piacere che ho
provato mi può spingere! E, se tu sei la prescelta, ti consiglio di
abbandonare Tiepole, prima che lui ti trovi.”
“Può
farmi del male?” Chiesi, preoccupata. “Può farti così male da
non riuscire più a liberarti di lui, del suo corpo, della sua
potenza maschile: può trascinarti in un delirio da cui potresti non
uscirne mai più.”
Ciò
detto, così com'era comparsa, Ines si dileguò, lasciandomi al
tempo stesso sconcertata e turbata per aver scoperto il motivo della
mutazione di Federico Marino e la triste vicenda del suo
probabile epilogo.
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