di Marco Bertoli
Jinn
Federico si
accorse che qualcosa non andava nel momento in cui si sorprese a
fissare un merlo che gorgheggiava allegro fuori dalla finestra della
sua camera e avvertì un cupo brontolio nello stomaco: era fame!
Si
allontanò dal davanzale con la spiacevole sensazione che si prova
nel rendersi conto che i parametri di riferimento della routine
quotidiana sono stati stravolti. Il ragazzo, infatti, aveva odiato
con tutta l’anima, almeno sino a quell’attimo, la carne
proveniente da qualsiasi tipo di volatile, tant’è vero che sua
madre preparava il pollo arrosto soltanto quando lui non pranzava con
il resto della famiglia.
Nei
giorni seguenti altre trasformazioni ancor più inquietanti
sconvolsero Federico, sprofondandolo in un abisso di angosciosa
perplessità.
La
sua voce cristallina, dal gradevole timbro baritonale, iniziò a
essere inquinata da un fastidioso sibilo di sottofondo, una sorta di
fischio persistente che spinse suo padre a prenotargli una visita da
un suo amico, medico otorinolaringoiatra.
La
termoregolazione corporea s’interruppe di colpo: tanto poteva
rimanere per ore a crogiolarsi sotto i caldi raggi del sole di luglio
senza che una goccia di sudore gli imperlasse la fronte quanto il
transitare per pochi secondi all’ombra di un muro lo gettava in una
tormenta di gelo che gli indolenziva le ossa.
Lui
che sin da neonato aveva sempre dormito nella cosiddetta “posizione
a stella” iniziò ad assumere un’assurda posa ad anello, quasi
volesse raggomitolarsi su se stesso.
Infine,
ci fu quel bagno nel torrente in cui, uscendo dall’acqua, la sua
pelle brillò di un arcobaleno di sfavillanti iridescenze come se
fosse stata ricoperta da una pellicola di minuscole squame di
cheratina.
Federico
era un giovane svogliato a scuola ma perspicace quindi tentò di
spiegare razionalmente quei fenomeni, attribuendoli allo stress per i
debiti da riparare a settembre o alle difficoltà che il rapporto con
Susanna, la sua ragazza, stava attraversando. I genitori, una coppia
attenta e premurosa, accortosi dei cambiamenti del figlio, cercarono
di sostenerlo in ogni modo.
Purtroppo
che non si trattasse di una malattia psicosomatica divenne chiaro
quando l’adolescente non fu più in grado di reggersi sulle gambe.
Per fortuna successe che era nel cortile della villetta in cui
abitava e riuscì a trascinarsi in tinello a forza di braccia. La
corsa in ospedale, un mese di ricovero trascorso tra i più svariati
esami diagnostici e analisi, e gli specialisti conclusero che il
ragazzo era afflitto da un morbo sconosciuto alla scienza medica,
forse d’origine genetica: si poteva soltanto aspettarne il decorso.
Steso sul
letto, Federico si scattò con il telefonino una foto da inviare a
Susanna. Prima di allegarla allo MMS, la controllò: due iridi
tagliate da pupille ellittiche e verticali ricambiarono fredde il suo
sguardo.
Di
colpo tutto gli fu chiaro: si stava trasformando in un rettile!
Il
ragazzo si spinse giù dal giaciglio e iniziò a strisciare verso la
finestra aperta.
Simpatico e ben scritto.
RispondiEliminaMolto carino il finale :)
RispondiEliminaLo scrittore non smentisce mai il suo modo di scrivere! veramente un racconto, per me, eccezionale
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