di Elisabetta Baldan
«Ehi,
riccioli d’oro! Hai intenzione di far impazzire tua madre? Ti sta
cercando da ore.»
La voce roca e
suadente di Valerio parve non giungere alle orecchie di Federico, che
se ne stava pensieroso seduto sul forte ramo della quercia secolare
alle porte Tiepole. Gilda gli aveva raccontato che quell'enorme albero un tempo altri non era che un semplice essere umano. Un
abitante di Tiepole, il più illustre: Tiepolo Costantini.
Secondo la vecchia
Gilda, il fondatore della città non era morto come tutti credevano,
bensì aveva scoperto il segreto dell’immortalità e non aveva
esitato a provarlo su di sé. Qualcosa tuttavia era andato storto. Le
sue gambe si erano trasformate in solide e nodose radici, le sue
braccia in rami imponenti e rigogliosi. Sarebbe vissuto per sempre
ancorato alla sua terra, vegliando sull'amata Tiepole come un
grande Guardiano ed esaudendo i desideri di chi all'ombra delle sue
fronde verdeggianti gli avesse rivolto una preghiera.
Valerio sapeva di
trovarlo là. Sapeva che Federico, come ultimamente spesso accadeva,
si era recato presso il Guardiano per pregarlo invano a nome di tutti
i Maledetti.
«Sai bene che non
ti ascolterà!» bofonchiò il ragazzo dai capelli corvini
avvicinandosi all'enorme pianta, «Nessun dio, nessuna strega né
tanto meno un vecchio albero è disposto ad ascoltarci.»
Federico non emise
un fiato, Valerio dal canto suo non si aspettò alcuna risposta.
Prima di allontanarsi con le mani in tasca notò la chioma dorata
dell’amico agitarsi
fluidamente, quasi
fosse dotata di vita propria. Davvero strano, visto che non una
foglia della quercia era mossa dal vento quel giorno.
Qualche minuto.
Qualche minuto ancora e anche Federico se ne sarebbe andato a casa.
Un’altra preghiera, quindi con un balzo si ritrovò a terra a
volgere uno sguardo speranzoso al Guardiano secolare di Tiepole.
L’ultimo.
«Federico, non
scendi?»
La voce insistente
della madre echeggiò per l’ennesima volta dal piano di sotto.
Federico non avrebbe cenato quella sera. Non aveva fame, ed in ogni
caso non sarebbe riuscito a scendere le scale senza capitombolare e
spezzarsi l’osso del collo. L’intero corpo esile e longilineo di
Federico era scosso violentemente dal progredire della malattia...
della Maledizione. In che essere mostruoso si sarebbe evoluto? La
trasformazione che Marta Vasselli gli aveva riservato era ancora un
mistero per tutti. Mistero che Federico stesso avrebbe di lì a breve
scoperto, pagandone il caro prezzo.
Un’ultima
contrazione spasmodica, quindi finalmente le sue membra si distesero.
Federico, che aveva imparato a convivere con quei dolori frequenti in
maniera silenziosa, si alzò faticosamente dal letto sul quale era
stato rannicchiato per tutto il tempo e avanzò verso lo specchio. Vi
si specchiò osservando la propria immagine riflessa con estrema
attenzione ed un grido lacerò il silenzio della stanza.
Il suo bel viso era
ancora immutato. Ma i suoi capelli lunghi e biondi... Oh, i suoi
capelli! Quale oscura e sconosciuta forza li stava facendo ondeggiare
in quel modo come serpi dorate?
Quando la madre,
allarmata dal grido mostruoso, aveva spalancato la porta e si era
fiondata all'interno della stanza, Federico giaceva già inerme sul
pavimento. Immobile, marmoreo. Con lui Marta era stata inclemente. La
maledizione di Medusa
aveva mietuto la sua prima e ultima vittima.
No. Il Guardiano, la
grande Quercia secolare non aveva mai ascoltato le sue preghiere.
Che emozione poterlo leggere qui... ♥
RispondiEliminaGrazie per aver partecipato e complimenti per il racconto, hai un'ottima capacità narrativa e di linguaggio :)
EliminaDi questo racconto mi aveva colpito soprattutto l'idea della quercia vista come guardiano di Tiepole che in realtà è Tiepolo stesso. Idea davvero geniale!
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