di Giuseppe Corte
L’oscurità
mi ha colto, senza saperne il perché. Corrodendo la mia anima,
distruggendo il mio cuore, ignorando il perché. Un fato crudele è
questa mia narrazione, ma
ciò che è stato il mio destino, lo conosco soltanto io.
Un tempo il mio nome
era Federico Marino. Si, un tempo, ma ciò che ho passato non ha
tramutato solo il mio fisico, ma soprattutto ciò che mi rendeva
umano dentro, nel profondo del mio essere.
Un tempo la mia
ragazza mi chiamava Fede, come quella che io avevo in Dio. Una fede
che mi ha abbandonato nel momento in cui l’orrore devastante del
male, si appropriò di me con una maledizione.
Tutto questo orrore
incominciò a Tiepole. In una tranquilla sera a casa, come un fulmine
a ciel sereno, mi colse la prima trasformazione. Iniziai a sentire
freddo, poi la febbre alta. Pensai «Forse ho un po’ di freddura,
cavolo anche quest’anno ho preso l’influenza!», ma non fu questo
il virus malefico. Incominciai a tremare e a sudare sempre più, per
poi all’improvviso, sentire un dolore accecante in tutto il corpo.
Sentivo le ossa
rompersi e modellarsi a loro piacimento. La mia pelle bruciava come
se l’inferno si fosse abbattuto su di me. La sofferenza durò ore
ed ore, poi svenni. Quando ripresi coscienza, mi guardai le mani,
erano verdi e ossute, con le dita che sembravano grissini. Tutto il
mio corpo era così e quando mi specchiai vidi l’orrore sul mio
volto. Ero diventato un orco, un orribile mostro verde. Vagai per le
strade con la rabbia che manovrava le mie azioni. Ricordo solo il
sapore del sangue, persone innocenti uccise, ero fuori di me.
Ero lì, ma non ero
lì. Il mio animo navigava all’interno delle bestie in cui mi
tramutavo, ma non ero padrone di ciò che facevo. Il male imponeva
l’omicidio, la fame ammetteva solo il sangue. Così lo versai.
Prima da orco, poi da lupo mannaro, dopo ancora da ghoul e così via.
Ho mangiato i vivi, ucciso le persone a me care. Per poi divorare
anche i morti del cimitero di Tiepole, rosicchiando le loro ossa come
un cane. Col passare del tempo, la mia anima si frammentava pezzo
dopo pezzo.
Alla fine di umano
non avevo più niente, perché ciò che si salvò della mia anima e
della mia mente, si spostò in un’altra dimensione. Si, ebbi questa
forza, nonostante sentissi il mio corpo morire, ormai sconquassato,
riuscii a salvare ciò che rimaneva di me sotto forma di fantasma.
Ecco qual è stata la mia fine, condannato a vagare per l’eternità,
senza scopo, senza un degno destino. Esiliato in un limbo solitario
qui a Tiepole.
Il mio nome era
Federico Marino, ora per esattezza non so più chi o cosa sono
diventato. Qualcosa di me esiste ancora, ma non vivo e non sono
umano. Sono il fantasma maledetto di Tiepole e un giorno mi
vendicherò, tanto ho l’eternità a farmi compagnia.
Bel racconto, bravo! :)
RispondiEliminaNel panorama urbanfantasy questo giovane scrittore mostra grande destrezza nell' utilizzo di terminologia appropriata ai temi trattati in essere, che rende il racconto alquanto piacevole nella lettura per qualsivoglia amante del genere fantasy ed estremamente interessante per le medesime dinamiche trattate
RispondiEliminaL'utilizzo della prima persona sicuramente favorisce l'immedesimazione del lettore con il protagonista della storia che devo dire mi è piaciuta :)
RispondiEliminaGrazie....apprezzo molto :D
EliminaInteressting thoughts
RispondiElimina