martedì 11 giugno 2013

09 Racconto: Contest "Una pagina per un libro"

di Giuseppe Corte

L’oscurità mi ha colto, senza saperne il perché. Corrodendo la mia anima, distruggendo il mio cuore, ignorando il perché. Un fato crudele è questa mia narrazione, ma ciò che è stato il mio destino, lo conosco soltanto io.
Un tempo il mio nome era Federico Marino. Si, un tempo, ma ciò che ho passato non ha tramutato solo il mio fisico, ma soprattutto ciò che mi rendeva umano dentro, nel profondo del mio essere.
Un tempo la mia ragazza mi chiamava Fede, come quella che io avevo in Dio. Una fede che mi ha abbandonato nel momento in cui l’orrore devastante del male, si appropriò di me con una maledizione.
Tutto questo orrore incominciò a Tiepole. In una tranquilla sera a casa, come un fulmine a ciel sereno, mi colse la prima trasformazione. Iniziai a sentire freddo, poi la febbre alta. Pensai «Forse ho un po’ di freddura, cavolo anche quest’anno ho preso l’influenza!», ma non fu questo il virus malefico. Incominciai a tremare e a sudare sempre più, per poi all’improvviso, sentire un dolore accecante in tutto il corpo.
Sentivo le ossa rompersi e modellarsi a loro piacimento. La mia pelle bruciava come se l’inferno si fosse abbattuto su di me. La sofferenza durò ore ed ore, poi svenni. Quando ripresi coscienza, mi guardai le mani, erano verdi e ossute, con le dita che sembravano grissini. Tutto il mio corpo era così e quando mi specchiai vidi l’orrore sul mio volto. Ero diventato un orco, un orribile mostro verde. Vagai per le strade con la rabbia che manovrava le mie azioni. Ricordo solo il sapore del sangue, persone innocenti uccise, ero fuori di me.
Ero lì, ma non ero lì. Il mio animo navigava all’interno delle bestie in cui mi tramutavo, ma non ero padrone di ciò che facevo. Il male imponeva l’omicidio, la fame ammetteva solo il sangue. Così lo versai. Prima da orco, poi da lupo mannaro, dopo ancora da ghoul e così via. Ho mangiato i vivi, ucciso le persone a me care. Per poi divorare anche i morti del cimitero di Tiepole, rosicchiando le loro ossa come un cane. Col passare del tempo, la mia anima si frammentava pezzo dopo pezzo.
Alla fine di umano non avevo più niente, perché ciò che si salvò della mia anima e della mia mente, si spostò in un’altra dimensione. Si, ebbi questa forza, nonostante sentissi il mio corpo morire, ormai sconquassato, riuscii a salvare ciò che rimaneva di me sotto forma di fantasma. Ecco qual è stata la mia fine, condannato a vagare per l’eternità, senza scopo, senza un degno destino. Esiliato in un limbo solitario qui a Tiepole.
Il mio nome era Federico Marino, ora per esattezza non so più chi o cosa sono diventato. Qualcosa di me esiste ancora, ma non vivo e non sono umano. Sono il fantasma maledetto di Tiepole e un giorno mi vendicherò, tanto ho l’eternità a farmi compagnia.

5 commenti:

  1. Bel racconto, bravo! :)

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  2. Nel panorama urbanfantasy questo giovane scrittore mostra grande destrezza nell' utilizzo di terminologia appropriata ai temi trattati in essere, che rende il racconto alquanto piacevole nella lettura per qualsivoglia amante del genere fantasy ed estremamente interessante per le medesime dinamiche trattate

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  3. L'utilizzo della prima persona sicuramente favorisce l'immedesimazione del lettore con il protagonista della storia che devo dire mi è piaciuta :)

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