di Sonia Tortora
WORMAN
Fuggiva
nella notte inseguito da un'ombra oscura e minacciosa. Poi cadde. Si
rialzò. Correva ancora. Infine scivolò sul terreno bagnato finendo
in una buca piena di vermi.
Non
erano normali anellidi, bensì invertebrati grossi come serpenti, che
lo mordevano causando escrescenze purulente da cui fuoriuscivano
altri piccoli vermi.
Urlò
di terrore, finché uno di quegli esseri mostruosi gli entrò nella
gola e lo soffocò.
«Ahhh...»
Federico
aprì gli occhi. Il sudore gli imperlava la fronte e il pigiama era
fradicio. Si era trattato solo di un incubo, lo stesso che ormai si
ripeteva da oltre un mese.
Non
dormiva da tempo e le rare volte in cui riusciva a chiudere gli
occhi, dopo aver preso un sonnifero, aveva il sonno agitato da
visioni di morte.
Cercò
di tranquillizzarsi. Nella stanza regnava il silenzio, non potevano
esserci pericoli, era tutto frutto della sua fantasia.
A
un tratto avvertì un forte prurito alla caviglia. Andò in bagno a
controllare: la zona era gonfia e pulsava, come se ci fosse qualcosa
di vivo dentro.
La
pelle cominciò a lacerarsi e dalla fessura uscirono dei piccoli
mostri striscianti e bavosi.
Federico
si buttò sotto la doccia cercando di lavarli via, ma appena ripuliva
un foro se ne creava subito un altro in una diversa parte del corpo.
Si
stava lentamente coprendo di pustole traboccanti di vermi e lui era
la matrice che li nutriva e covava fino alla schiusa.
Si
guardò allo specchio e anche il suo volto si stava trasformando in
qualcosa di disgustoso.
Era
in preda al panico e non sapeva cosa fare.
Estrasse
un rasoio dal mobiletto del bagno e cominciò a recidere le
escrescenze per liberarsi dei nidi di quei mostri.
Sul
pavimento i brandelli di pelle erano mischiati ai grumi di sangue.
Vermi
ovunque, sui muri, sul corpo, attaccati alla finestra: Federico stava
impazzendo.
Si
guardò ancora allo specchio e vide qualcosa muoversi nella gola.
Non riusciva più a inghiottire, la matassa era troppo grossa e
ostruiva l'esofago. Allora spalancò la bocca e colate di lombrichi e
bava fuoriuscirono ricadendo nel lavandino e lasciandogli un
retrogusto di terra e humus tra i denti.
Il
ragazzo si incise la carotide con la lama affilata del rasoio,
ponendo fine alle sue sofferenze.
La
maledizione si era rivelata.
Il
cadavere fu trovato dopo diversi giorni, perciò i vermi che
ricoprivano la sua carcassa furono considerati il risultato di un
fisiologico processo di decomposizione.
Probabilmente
tutti i tranquillanti ingeriti dovevano aver causato al ragazzo
allucinazioni e visioni paranoiche che l'avevano spinto a togliersi
la vita. O almeno questa fu la versione che venne data alla comunità.
Solo
Marta Vasselli sapeva cosa fosse realmente successo.
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